Poco più in là, ai piedi della provincia varesina, sorgeva Castellanza che all’epoca contava non più di 6000 anime circondate da una cornice di grandi industrie internazionali, quelle sul suolo di Busto Arsizio e Legnano, che da tempo nascondevano ai loro occhi il futuro. Si sarebbero rivelate poi preziose risorse per il sostentamento delle attività sportive dell’avvenire nel territorio. Quei colossi dalle sembianze quasi mostruose, che strizzavano l’occhio al progresso, non furono abbastanza. Sì perché in quella particolare borgata, divisa dal corso di un fiume che presto si sarebbe trasformato da elemento di divisione ad anello di congiunzione della sua duplice anima, la passione per lo sport non cessò mai di esistere.
Se negli Anni 20’ il calcio italiano, definiti i propri pionieri, era ancora alla ricerca dei primi eroi, furono le due ruote, che già avevano incontrato il professionismo, a farsi fattore trainante della spinta verso l’unificazione di tutte le discipline sportive che fin d’allora animavano la vita dei castellanzesi.
Serviva a quel punto un’idea, che realizzasse i desideri di un popolo. Un nome su tutti: Giuseppe Scandroglio. Fu lui, visionario, insieme ai suoi collaboratori a costituire, novantanove anni fa, l’Unione Sportiva Castellanzese. Attorno a quel nome si sarebbero radunati tutti gli amanti del ciclismo, del pallone, del tennis da tavolo, dell’atletica, nonché i membri del moto club. Si sarebbero vestiti di nero e di verde, proprio come i colori dell’amato, da parte dei fondatori, Venezia Calcio.
Fu la prima di tante emozionanti pagine di storia, l’alba di un sogno, quello della Castellanzese.