L’avventura di Giuseppe Di Capua, attuale tesoriere della società, e la nascita US Castellanzese Calcio dalle ceneri della vincente polisportiva neroverde
Il 1982 è un anno spartiacque tra il calcio italiano che fu e quello che sarebbe stato. È passato quasi mezzo secolo da quel 1938, quando un azzurro ha sollevato al cielo la seconda ed ultima Coppa Jules Rimet. Che nel frattempo, in tutti quegli anni, ha cambiato anche nome – oggi si chiama Coppa del Mondo Fifa -, oltre che proprietario. Il regolamento diceva che la nazione che si fosse aggiudicata per prima tre edizioni della competizione avrebbe avuto l’onore di esporre nella bacheca di casa il trofeo originale. E i brasiliani quell’onere se lo presero senza troppe remore portando a casa la coppa numero tre a Messico ’70, battendo in finale, guarda caso, l’Italia.
Dodici anni più tardi, è cambiato lo spartito. L’orchestra del Santiago Bernabeu di Madrid suona un tango bianco rosso e verde. Gli azzurri, che questa volta si sono portati avanti con il lavoro e dei brasiliani si sono sbarazzati ben prima della finale, nella fase a gironi, si impongono nell’ultimo atto anche con la Germania. Lo fanno da totali sfavoriti, il che, la storia lo insegna, non è mai un ottimo indizio per le avversarie, in una serata non priva di sofferenze, ma destinata a cambiare inevitabilmente il nostro destino.
L’Italia del pallone vive di uno slancio irrefrenabile, che investe perfino la stampa. Il calcio assume in via definitiva la responsabilità di essere lo sport più importante nella nostra penisola. Ed è proprio in quegli anni che comincia l’ascesa del movimento calcistico castellanzese. Muove i primi passi in società, Giuseppe Di Capua, l’attuale tesoriere dell’USD Castellanzese 1921. Si è avvicinato al sodalizio neroverde, di cui fa parte da trentacinque anni, perché suo figlio sogna di diventare come gli eroi dell’Italia Mundial, e un papà come lui, appassionato di calcio, non può che assecondarlo.
Ma dal giorno della fondazione erano rimaste solamente due discipline a mantenere in vita l’Unione Sportiva Castellanzese, allora sotto la guida di Vittorio Caldiroli: la pallavolo e il calcio. E se per la prima le aspettative erano più che rosee – nel 1992/92 la squadra raggiunse il campionato di A2 – non si poteva di certo dire lo stesso per la seconda. Lo stesso Settore Giovanile, oggi fiore all’occhiello della nostra società per traguardi e prestigio, non contava più di un paio di squadre di Pulcini, Esordienti e Juniores.
Qualche pallone in più, alcune borse e le prime tute di rappresentate, gentilmente finanziate dalla ditta Fratelli Natale di Castellanza, non riuscirono a risolvere la situazione. Fu certo una buona boccata d’ossigeno, ma bastava tanto così perché tutto degenerasse. Con gli anni Novanta alle porte la Presidenza neroverde ricevette l’ultimatum dai dirigenti che minacciavano le dimissioni.
Giuseppe si fece portavoce del malcontento che non dava segni di cedimento, quello del calcio reclamava a gran voce il proprio posto nel futuro neroverde. E dai piani alti fu ben intesa l’unica mossa che restava da compiere. La concretizzò Bruno Rango, allora presidente dimissionario del Gorla Minore. Raccolse il timone fino al 2003, ma ad una sola condizione: rendere autonomo il movimento calcistico neroverde rispetto a quello della pallavolo. Era il 1992 quando risuonò l’ultimo canto della polisportiva, nello stesso giorno vide la luce l’US Castellanzese Calcio.